La comunicazione pubblica ha ancora molta strada da fare nel Centro Italia, così come nelle Marche. Da un’analisi recente condotta dall’Ordine dei Giornalisti delle Marche tra 328 enti pubblici della regione si evince che le figure professionali della comunicazione che svolgono l’attività giornalistica sono inserite quasi stabilmente nella maggior parte degli enti di medie e grandi dimensioni, mentre c’è una presenza ridotta nei Comuni piccoli e piccolissimi. Ma se si guarda in profondità si scopre che anche nelle Marche, così come in altre regioni del Centro Italia, a cinque anni dall’entrata in vigore della legge 150/2000, il 63,1% degli intervistati non vi ha dato attuazione; il 31,71% l’ha attuata solo in parte e solo il 5,18% l’ha fatto in modo completo. C’è da chiedersi, quindi. se si tratta di amministratori ignoranti o di convenienze “gestionali” dell’apparato burocratico, dell’amministrazione pubblica regionale e degli enti o agenzie a partecipazione prevalentemente pubblic a. Di fatto nelle Marche sono ben 345 i giornalisti e i comunicatori ad operare, in gran parte dipendenti, suddivisi tra Urp (54,5%), uffici stampa (41,4%) e portavoce (4%).Sorprende inoltre come la non applicazione reiterata della legge 150, da parte degli enti locali, non sia solo frutto della carenza di risorse causata dalla legge finanziaria, che nel 2005 ha penalizzato pesantemente i conti pubblici. Per non parlare poi della pervicace determinazione dell’Aran di respingere la legge sulla comunicazione pubblica, fonte di malessere per migliaia di giornalisti che hanno incrociato le braccia per la terza volta in un anno.