Governo ai blocchi di partenza

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Necessarie riforme senza scorciatoieVincenzo M. Campo

Sarà davvero un cambio di rotta quello annunciato da Palazzo Chigi? Nonostante la stagflazione che il nostro Paese sta attraversando, in Italia si respira un clima nuovo nella politica e nella società e sembra finalmente che qualcosa stia cambiando. Si surriscalda intanto oltremodo il clima parlamentare con l’arrivo di una valanga dei provvedimenti estivi: oltre al Dpef, si prennuncia la manovra con decreto e disegno di legge, mentre è entrato nel vivo l’esame e la discussione del decreto fiscale sull’Ici sui quale il governo Berlusconi IV ha posto la sua prima fiducia. Dalle opposizioni piovono critiche pesanti sulle procedure attuate temendo la riduzione ai minimi termini della discussione sulla manovra finanziaria. Ci vorrà ancora tempo per comprendere fino in fondo tutti i dettagli della Finanziaria triennale, ma è chiaro ormai che siamo di fronte a un cambio d’orizzonte complessivo, rispetto al biennio di Prodi. Non solo nessuno adesso vuol negare la felicità agli italiani, m a è cambiata la politica fiscale. Dal più tasse e più spesa pubblica dell’Unione, al tentativo abbozzato di cambiare rotta del Pdl. Sorprende però verificare come nel Dpef 2009-2013 la pressione fiscale non scenderà. Ciò nonostante il livello di prelievo fiscale pesi oltremisura sugli italiani e rappresenta oggi un freno alla crescita e ai consumi delle famiglie. Stando alle cifre programmatiche diffuse dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il rapporto delle tasse rispetto al Pil lasciato dal governo Prodi nel 2007 al livello del 43,3 % resterà inchiodato al 43% nel biennio 2008-2009, per poi risalire di qualche decimo nel triennio 2010-2012 e, infine, al termine del tragitto programmatico, scendere al 42,9 nel 2013. Benché manchino ancora all’appello passaggi fondamentali della strategia della maggioranza di centrodestra, come il federalismo fiscale, il quoziente familiare e il ritorno delle deduzioni, al momento si assiste ad una frenata rispetto al programma elettorale. Il recente appello del mondo immobiliare e di alcune associazioni del comparto al governo per un vero e proprio rinnovato “patto fiscale” che comporti un’inversione di tendenza, e utilizzi la leva fiscale come elemento propulsivo dell’economia del settore è più che una speranza per chi ormai non può più aspettare. Vedremo, per ora nel decreto c’è il “Piano casa”, ma sulla tassazione nel settore immobiliare, a parte un passaggio su alcuni fondi immobiliari chiusi e l’aumento non motivato dal 12,50 al 20% della ritenuta che le società di gestione del risparmio devono operare sui proventi derivanti dalla partecipazione a fondi comuni d’investimento immobiliare, non c’è molto di più. Sul versante sociale si sono visti però primi provvedimenti a sostegno delle famiglie e delle fasce più deboli della popolazione. Va in questa direzione il “Piano casa” che prevede agevolazioni nell’acquisto della prima abitazione per le giovani coppie a basso reddito, e l’accordo Abi-Governo sulla rinegoziazione dei mutui. Ma è a tutti evidente che, sebbene queste prime misure siano un buon segnale il più dovrà essere ancora realizzato. In quest’ottica c’è molta attesa per la “Legge Obiettivo per le città” annunciata da membri del governo come imponente programma di riqualificazione urbana, così come un riordino della fiscalità immobiliare. Così anche per la cancellazione degli oneri gravanti per gli intermediari immobiliari e creditizi, la semplificazione per l’attività professionale dell’agente immobiliare, la rivisitazione dell’Iva sulle provvigioni e sulla compravendita immobiliare, l’abolizione del pagamento in solido della tassa di registro e l’abolizione dell’indicazione dei corrispettivi delle fatture in quanto limitanti della libera trattativa tra le parti, la riforma dei canoni locativi e l’attesa cedolare secca sugli affitti. Se non ci sarà però un vero e proprio cambio di rotta, ma si rimarrà fermi a meri annunci mediatici, il paese è avviato senza via di scampo verso un declino al quale nessuno sarà più in grado di porre rimedio. Occorre pertanto che ci sia la volontà delle imprese, del mondo del credito, delle università, degli enti locali e, soprattutto, del Governo nazionale di attivarsi in “gioco di squadra” per poter guardare al futuro con maggiore ottimismo. Per ripartire è sufficiente disboscare le tantissime posizioni di rendita che esistono nel nostro Paese, e pretendere veramente che tutti facciano la loro parte. Si tratta di una sfida difficile da vincere, ma ciò, deve spingerci a fare tutti di più e meglio.